Le tecniche estrattive che abbiamo già osservato permettono di ottenere aromi con un rapporto solido/liquido di 1:5 (massimo 1:4). Spingersi oltre può essere frustrante, in quanto i filtri di carta da laboratorio e le fecce che residuano dal processo di estrazione esigono il loro tributo. In altre parole, filtri e fecce trattengono porzioni non trascurabili di estratto, che sono recuperabili solo fino a un certo punto. Inoltre, la capacità di un solvente di estrarre dipende anche dal suo volume, che, se troppo poco, si limita ad inumidire il materiale vegetale, portando il processo all’inevitabile fallimento.
Un escamotage adottato dall’industria aromatiera e profumiera è quello di passare attraverso l’essenza concreta o, più familiarmente, concreta.
Attraverso questo metodo, si estrae il materiale vegetale in un’abbondante quantità di solvente volatile, che viene evaporato per ottenere un residuo viscoso o semisolido molto odoroso. Questo residuo è la concreta, che verrà disciolta nella giusta quantità di solvente non volatile per ottenere l’aroma. L’espediente ingegnoso permette di ottenere aromi fortemente concentrati, che hanno una resa elevata anche a basse dosi.
La tecnica è utile ad ottenere aromi a partire dal tabacco o dalla maggior parte degli altri materiali vegetali. Qui viene descritta la tecnica utilizzando del tabacco, ma si può adattarla per altri scopi (es. le foto descrittive si riferiscono alla procedura applicata a fragole disidratate di agricoltura biologica).
Elenco dei materiali
- Guanti monouso in vinile
- Occhiali protettivi
- Il tabacco (o altro materiale vegetale) che vogliamo estrarre
- Alcol etilico puro alimentare
- Glicole propilenico USP/EP di altissima qualità
- n. 2 Barattoli di vetro per alimenti, resistenti al calore e a chiusura ermetica
- Imbuto
- Filtri di carta da laboratorio
- Sacchetto per alimenti
- Pirofila in vetro Pyrex
- Forno ventilato
- Boccetta di vetro ambrato di volume adeguato a contenere l’aroma
- Bilancia elettronica di precisione economica
- Tritatutto elettrico
Esecuzione della tecnica
1 – Pesiamo una quantità di tabacco pari al volume di estratto che vogliamo ottenere. Come visto nelle altre tecniche illustrate nel blog, consideriamo di maggiorare questa quantità, compensando le inevitabili perdite in fase di filtrazione e purificazione.
2 – Tritiamo il tabacco finemente col tritatutto elettrico.
3 – Igienizziamo due barattoli di vetro capienti. Per igienizzare i barattoli, laviamoli accuratamente e poniamoli in forno statico per un’ora alla temperatura di circa 130°C, lasciando aperti i coperchi. Trascorso il tempo, richiudiamoli e lasciamoli raffreddare.
Prendiamo uno dei due barattoli e poniamoci dentro il tabacco assieme ad una quantità di alcol etilico puro alimentare pari a 10 volte il suo peso. Chiudiamo ermeticamente, agitiamo e riponiamo in luogo buio per 3 settimane, nel corso delle quali andremo ad agitare almeno una volta al giorno.
4 – Giunti al termine dell’attesa, mettiamo un filtro di carta da laboratorio in un imbuto e poniamo l’imbuto sul secondo barattolo che avevamo igienizzato. Versiamo sul filtro il contenuto del primo barattolo (il macerato alcolico, contenente ancora la matrice vegetale), copriamo l’imbuto con un sacchetto per alimenti e lasciamo filtrare. La durata della filtrazione dipende dal volume del macerato e potrebbe essere anche molto lunga, a causa del pulviscolo di tabacco. Al termine della filtrazione, strizziamo il filtro contenente la feccia di tabacco, per recuperare quanto più possibile il macerato trattenuto dalla matrice vegetale e dal filtro.
5 – Ora, evaporiamo completamente l’alcol. Per questa operazione, trasferiamo l’estratto alcolico filtrato in un’ampia pirofila di vetro Pyrex e mettiamola in forno ventilato, alla minima temperatura e socchiudiamo lo sportello. Attendiamo il termine del processo di evaporazione, quando la concreta si sarà accumulata sul fondo.
(Nel caso in cui non si volesse riscaldare, anche se poco e per poco tempo, la concreta col forno ventilato, si consiglia di ricorrere all’evaporazione a ventilazione forzata, facile da mettere in pratica seguendo l’articolo UFO – L’evaporatore a ventilazione forzata)
6 – Aggiungiamo alla concreta una quantità di glicole propilenico pari al peso del tabacco pesato all’inizio. Il glicole propilenico dovrà essere intiepidito a bagnomaria (max 40°C) per facilitare la dissoluzione della concreta. Mescoliamo con un cucchiaio o, meglio ancora, con una spatola da cucina in silicone, fino ad ottenere il massimo discioglimento della concreta. Il presentarsi di frustoli di residui solidi insolubili è la norma, ma questi verranno filtrati senza difficoltà.
7 – Quando la concreta si sarà disciolta, procediamo all’ultima filtrazione. Per l’alta concentrazione dell’aroma ottenuto, si raccomanda di utilizzare in questa fase la procedura descritta nell’articolo La magia del talco veneto o di ricorrere ad ulteriori filtrazioni. Una volta finito, l’aroma è pronto all’uso. Travasiamolo in una boccetta di vetro ambrato e conserviamolo in un luogo buio.
Pro e contro del metodo della concreta
Leggendo le caratteristiche di questa tecnica, si viene colpiti da un’irrefrenabile entusiasmo. È vero, ma se a colpirci sono i pro a riportarci coi piedi per terra devono essere i contro, ma procediamo con ordine.
Gli aromi che si ottengono da questa tecnica sono incredibilmente concentrati. La luce quasi non attraversa un estratto di Latakia ottenuto da un rapporto solido/liquido 1:1 e basta una sua diluizione al 5% in base neutra per sentirsi abbracciati da note affumicate molto intense.
La tecnica è eseguibile in poco più di 3 settimane, a fronte dei mesi di attesa di una macerazione semplice, che restituisce aromi molto meno concentrati.
La fluidità dell’alcol etilico ed il suo potere solvente portano la matrice vegetale ad un esaurimento quasi totale, con la cessione del contenuto aromatico in una quantità considerevole di questo solvente.
Spesso, il desiderio di estrarre specie vegetali molto delicate è frenato dalla troppa leggerezza dei risultati, che costringe a diluire tanto aroma nella base neutra, col limite di non poter superare una certa misura. Il metodo della concreta può risolvere questo limite e rendere estraibili e concentrabili specie vegetali anche molto poco aromatiche.
I vantaggi inducono a chiedersi il motivo per cui si debba perdere tempo a parlare di altre tecniche, ma c’è un rovescio della medaglia.
Come illustrato, la chiave del metodo è l’estrazione in un primo solvente abbondante e la successiva concentrazione in poca quantità di un altro. Per ottenere il risultato, abbiamo compreso che il primo solvente deve evaporare completamente, per essere sostituito con il secondo. Il problema è che il primo solvente evapora portandosi dietro una quota non trascurabile di molecole odorose particolarmente volatili, impoverendo il bouquet dell’aroma finale. Per fare un esempio concreto, un Latakia estratto in questo modo è riccamente affumicato, ma impoverito di parte delle sue componenti aromatiche più interessanti, cioè quelle speziate e resinose. Questo comporta una certe distanza tra le caratteristiche organolettiche originali dell’ingrediente di partenza e quelle dell’estratto, con un certo sbilanciamento tra l’intensità delle note di testa e delle note di coda. Certo, un’evaporazione sottovuoto spinto e a bassa temperatura potrebbe aiutare a contenere l’effetto indesiderato, ma senza annullarlo.
La purificazione degli estratti ottenuti attraverso la concreta è assai più complessa che in altre tecniche estrattive. Infatti, la costante dielettrica dell’alcol etilico (~25), molto più vicina a quella degli oli, che a quella tipica dell’acqua, porta ad un maggiore scioglimento di grassi e resine. Per ridurre il problema, si consiglia l’attenta lettura dell’articolo La magia del talco veneto.
Un altro contaminante di cui occuparsi è l’alcol etilico. L’evaporazione della parte alcolica non sarà mai completa e ne rimarrà una certa quota nell’aroma finito. Si tratta di quantità irrisorie, che non costituiscono un problema per la salute umana, ma al perfezionista potrebbe dar fastidio. Un’evaporazione sottovuoto aiuterebbe a ridurre notevolmente anche questo difetto, ma la soluzione potrebbe non essere alla portata di tutti.
Uno svantaggio non trascurabile è l’entità delle perdite in volume. Ipotizzando di partire da 100ml di macerato alcolico 1:10 e di voler ottenere un aroma 1:1, si otterrebbe un estratto glicolico di appena 10ml. Le procedure di filtrazione e purificazione introducono una perdita di estratto glicolico che, rapportata all’esiguità del volume ipotizzato, si rivelerà intollerabile, riducendo l’aroma finale a poche unità di millilitro. Per cui, è sempre consigliabile operare con volumi più generosi, ma non tutti sono pronti a gestire tale impegno, perché per ottenere ipotetici 100ml di aroma 1:1 dovremmo far evaporare più di 1 litro di estratto alcolico.
Un ultimo svantaggio, quello più fastidioso, è il costo della tecnica. L’alcol etilico puro alimentare è soggetto ad accisa e costa parecchio. Di fatto, la tecnica richiede di gettarlo via in forma di vapore. Sistemi complessi, come il Rotavapor, consentirebbero di riciclarlo per condensazione, ma sono sistemi che costano svariate migliaia di euro, costi giustificati solo per un uso professionale.
A conti fatti, viene da chiedersi perché un appassionato dovrebbe interessarsi al metodo di estrazione appena descritto. Due sono le risposte. In primo luogo, viene l’aspetto didattico. dopo di che, potremmo pensare di utilizzare questa tecnica per ottenere una riserva di aromi ricchi di note forti, da utilizzare per irrobustire di queste note altri aromi ottenuti attraverso tecniche diverse.